Quelle del naufragio e del viaggio sono metafore universali a cui ci siamo ispirati per ‘nominare’ i nostri cicli di terapia in gruppo
– ZATTERA per il primo ciclo
– ZAINO per il richiamo.
Vi sono motivi di carattere storico, letterario e filosofico che giustificano l’uso di queste metafore in vari ambiti, compreso quello terapeutico.
Nell’Antico Egitto (XIIa dinastia) il ‘RACCONTO DEL NAUFRAGO’ era un testo fondamentale per l’avvio alla lettura. In esso curiosamente, per la prima volta nella storia, si fa cenno alla BALBUZIE: “La bocca può salvare l’uomo. Perciò tu parla col cuore e rispondi senza balbettare…”. Così il marinaio al suo capitano prima che questi riferisca al re sul naufragio della loro imbarcazione.
Il secondo libro del ‘De rerum natura’ di Lucrezio Caro si apre con una metafora, quella del naufragio appunto, che sarà anche una delle più utilizzate e conosciute nella storia della letteratura occidentale. Hans Blumemberg, grande pensatore tedesco del 900 e autore della celebre opera ‘Naufragio con spettatore’, vede il naufragio come metafora dell’esistenza.
Quanto alla METAFORA DEL VIAGGIO, la sua universalità è altrettanto nota se si pensa che per il senso comune e presso le varie culture la vita è un viaggio. Fin dal Medioevo la condizione umana veniva rappresentata attraverso la figura dell’HOMO VIATOR. L’uomo viene visto come un viandante la cui esistenza è fondamentalmente caratterizzata dal suo peregrinare nel mondo. Scrive Fernando Pessoa: “Per viaggiare basta esistere”.
Sempre Hans Blumemberg afferma che le metafore non servono soltanto a chiarire concetti complessi. Esse costituiscono i fondamenti stessi della conoscenza. E ancora, a proposito della metafora, Anthony de Mello, psicologo e maestro spirituale di fama mondiale, scrive: “La metafora è la distanza più breve tra l’uomo e la verità delle cose”. L’uso di metafore in terapia è piuttosto frequente proprio per il suo potere di illuminare e persino di trasformare.
Chi intraprende un percorso terapeutico per la balbuzie ha la consapevolezza di essere al contempo un ‘naufrago della parola’’ (‘da piccolo parlavo bene…’) e un ‘viandante in cammino verso la fluenza’’. Avverte quindi l’urgenza di mobilitare le migliori energie a servizio del cambiamento.
Quest’ultimo richiederà la costruzione di una ZATTERA che consenta di abbandonare ‘l’isola della balbuzie’ per andare verso ‘il continente della fluenza’. Ogni tronco di questa struttura galleggiante rappresenterà simbolicamente una risorsa. Nella traversata il naufrago dovrà fare i conti con l’ambiente marino, variamente ‘abitato’ e in continuo movimento (=quasi calmo, mosso, poco mosso, agitato…).
Al viandante che finalmente calpesta la terra promessa, si richiederà di camminare, ZAINO in spalla, per il tempo necessario fino a che si senta finalmente e stabilmente a casa sua nel ‘continente della fluenza’.
Vale la pena di soffermarsi brevemente sulla natura del bagaglio del nostro viandante. Lo zaino dovrà essere ‘essenziale’ ma nello stesso tempo su misura del cammino da fare: nè leggero per mancanza del necessario, né pesante per le zavorre che potrebbero frenare e persino fermare il passo.
Piero D’Erasmo